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Immaginate un mondo senza Internet. Un mondo senza email, senza social networks, senza Amazon. Tutte le cose che oggi ci sembrano semplicissime, come ad esempio prenotare un volo o una camera di hotel, dovrebbero essere svolte di persona o per telefono. Immaginare un mondo senza internet, insomma, significherebbe tornare indietro di trent’anni. Nell’epoca in cui viviamo, lo sviluppo tecnologico coinvolge ogni aspetto della nostra vita al punto che è possibile trovare qualunque cosa online: perfino l’amore.

“Come fai a dire che ami una persona quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri” scriveva Bukowski quando per pubblicare un libro era ancora necessario possedere talento oltre che una macchina da scrivere. Oggi quelle migliaia di persone puoi incontrarle con un solo “click”. Può capitare, ad esempio, di restare folgorati da una meravigliosa ragazza, magari mentre si è sul solito treno che si prende ogni mattino per andare al lavoro. I nostri nonni non avrebbero perso un solo secondo per avvicinarsi a lei, far- la ridere e restare ad aspettarla su quello stesso treno tutte le mattine sperando di rivederla.

Lo spotted

Oggi, invece, si invia un lungo appello che in gergo viene chiamato “spotted”: si descrive con minuzia ogni particolare che si riesce a ricordare di quella ragazza , lo si invia ad una pagina che in modo completamente anonimo lo pubblica su Facebook, e si aspetta. Si aspetta che lei lo legga e sia abbastanza interessata da ricontattarvi ed iniziare la chiacchierata virtuale. Un vero e proprio colpo di fulmine retroattivo. Una volta iniziata la chat, infatti, si può ripartire da quello sguardo scambiato nel treno anche se nelle realtà non c’è stato alcuno scambio di battute. Inter- net e Facebook hanno finito col creare così uno spazio di “cyber romanticismo” dove anche i più timidi e impacciati possono evitare di rimpiangere di non essere riusciti a spiccicare parola davanti a quella meravigliosa ragazza, aspettando che venga riconosciuta da qualcuno e “taggata” nei commenti al post-annuncio.

Il controsenso

Non è forse un controsenso che un sentimento così profondo e universale come l’amore sia finito ad essere ricercato attraverso un freddo e razionale strumento come il computer? L’atto dell’innamorar- si, quell’istante che segue uno scambio di sguardi o di sorrisi, è rimasto lo stesso di cui cantava Shakespeare nelle sue tragedie. L’amore nella sua sostanza è lo stesso che hanno vissuto i nostri nonni, ciò che è cambiato è la sua forma. La forma dell’amore non è più una lunga lettera o una chiacchierata di un’ora fatta da un telefono a gettoni, ma un bel profilo sui social networks condito da una manciata di interessi in comune.

Nel campo di battaglia dell’amore online, allora, ciò che può stupire è la velocità con cui si arriva a condividere informazioni anche in via anonima, togliendo spazio a quella “elettricità” che tanto viene elogiata nei romanzi rosa. Forse stiamo ponendo troppa fiducia in questo mezzo tecnologico che ci per- mette di (ri)trovare la cotta presa su di un treno o fuori all’università e che, a lungo termine, potrebbe portarci a trovare la nostra anima gemella, dimenticandoci che “l’amore è una grave malattia mentale” come diceva Platone e che nel grande manicomio che è la vita non c’è spazio per speranze virtuali.


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